Antonella Capuano
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Coronavirus: le cautele che deve adottare il datore di lavoro

La propagazione del contagio da coronavirus sta proiettando l’attenzione collettiva (di esperti, Istituzioni, cittadini) sulle modalità con cui prevenire il pericolo della progressiva diffusione dell’epidemia, specie in ragione del suo elevatissimo grado di trasmissibilità.

I dubbi in merito alle concrete misure preventive del contagio proprio nel contesto lavorativo hanno indotto il Ministero della Salute a fornire chiarimenti sui comportamenti prescritti agli operatori che, per ragioni lavorative, vengono a
contatto con il pubblico.

Prescrizioni specifiche e più stringenti operano con riferimento ai soggetti (nella specie, gli operatori sanitari) che abbiano avuto contatti diretti con persone contagiate o rientranti nella definizione di “caso sospetto”:

A. Una persona con infezione respiratoria acuta grave – SARI – (febbre, tosse e che ha richiesto il ricovero in ospedale), senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica e almeno una delle seguenti condizioni:
• storia di viaggi o residenza in aree a rischio della Cina, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia; oppure
• il paziente è un operatore sanitario che ha lavorato in un ambiente dove si stanno curando pazienti con infezioni respiratorie acute gravi ad eziologia sconosciuta.
B. Una persona con malattia respiratoria acuta e almeno una delle seguenti condizioni:
• contatto stretto con un caso probabile o confermato di infezione da nCoV nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia; oppure
• ha visitato o ha lavorato in un mercato di animali vivi a Wuhan, provincia di Hubei, Cina, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia; oppure
• ha lavorato o frequentato una struttura sanitaria nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia dove sono stati ricoverati pazienti con infezioni nosocomiali da 2019-nCov.

Al di là di tali direttive ministeriali, rivolte direttamente nei confronti di operatori di servizi o esercizi a contatto con il pubblico, operano poi gli specifici obblighi gravanti sul datore di lavoro quale gestore responsabile della prevenzione e della protezione del “rischio biologico” nei riguardi dei propri dipendenti.
A questo proposito, con particolare riferimento alla tutela dei lavoratori stabilmente impegnati all’interno di locali aziendali ubicati nel contesto nazionale, rimangono ferme le misure intuitivamente necessarie (anche in ottica strumentale all’attuazione delle prescrizioni ministeriali da parte dei singoli) ad assicurare la salubrità degli ambienti: tra queste,
l’installazione di erogatori di gel antibatterici, l’accurata pulizia degli spazi e delle superfici con appositi prodotti igienizzanti, la dotazione di guanti o mascherine protettive e simili accorgimenti.

Per fronteggiare al meglio il concreto pericolo di contagio, è sempre più frequente il ricorso delle aziende sia a forme di lavoro “da remoto” (“lavoro agile/smart-working” o telelavoro), sia a provvedimenti di sospensione della dell’attività lavorativa pur in costanza di retribuzione; iniziative, queste, che stanno trovando riscontro anche nei riguardi di lavoratori “in quarantena” dopo essere tornati in Italia da zone particolarmente esposte all’epidemia.

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